Scuola dell’infanzia. Una ventina di bimbi/e, in cerchio. Presenze e assenze, ci contiamo, facciamo corrispondenze, controlliamo il clima della giornata, cantiamo la filastrocca dei giorni della settimana…
Qualcuno comincia a girottolare sulla sua stessa seggiolina, come può, per mantenere la regola dello stare seduti, anche quando non ce la fa più.
Qualcun altro alza la mano perché vuole raccontare qualcosa, e da lì parte una sfilza di mani più o meno insistenti per dire qualcosa, come i primi, perché tutti o quasi tutti hanno voglia di essere ascoltati.
Ma ci sono anche gambe che cominciano a scalpitare, sederini che scendono dalla seduta per toccare terra e poi tornare alla base, senza però mollare il contatto con la sedia, che più di tanto non ci si può spostare.
Mi accorgo che anch’io, mica sono lì tanto ferma! Le ginocchia ballettano, smanacco un po’, mi sistemo la visiera che si sposta sulla testa, mentre la mascherina mi fa prudere il naso…
Potrei fare un bel richiamo sonoro, «Avete le pulci sotto al sedere?». per ricordare a tutti che bisogna mantenere la posizione di ascolto. A volte lo faccio, si fa prima, si fa parte della mischia dei grandi che ti ricorda che le regole sono regole e a 5 anni bisogna imparare a star seduti e ascoltare, in vista della scuola primaria dove devono arrivare “scolarizzati”.
Se mi ascolto, però, mi piange il cuore. Mi ricordo che la natura umana non sarebbe fatta per tenere i suoi cuccioli chiusi in una stanza, spesso in piccole aule sovrastate dai banchini.
E allora, grazie anche alle colleghe di sezione che hanno il buon cuore di non frenarmi troppo, invito i bambini ad allargare il cerchio il più possibile, mentre i tavoli quadrati sono già allineati al limite della parete sotto le finestre, e via, tutti a terra, pancia sotto, a strisciare sul pavimento. Oddio…Tutti… no! Sono troppi, dobbiamo evitare gli assembramenti…allora quattro a quattro, più veloci possibile. Si fa un varco tra le sedie e si passa anche sotto i tavoli. Poi si rotola, verso la parete opposta e si torna indietro verso quella di partenza. Waw! Qualcuno è già esausto, qualcun altro già ti martella con un «Si rifà?» Una bimba propone di fare i pugnetti. Tutti si sistemano su due file, uno dietro l’altro e cominciano, ormai conoscono questi “giochi” quotidiani, e si divertono ad accompagnare queste battiture energiche sulla schiena di quello davanti, con le vocali lanciate ad alta voce! Saranno sazi, al momento, di quello di cui hanno fame e bisogno? Sdraiati a terra, “non troppo appiccicati”, si silenziano da soli, a parte quello o quella che commenta: «Ora, maestra, le cose che abbiamo fatto con le gambe e le braccia e la pancia, camminano fino a quel cervello che sta dentro la testa, così le sa anche lui…». Non resta che andare a spostare le sedie e prendere i tavoli. «I tavoli alzano, aiutatevi!» e sistemarli nello spazio classe, che tutti in fila non bastano per sedersi. Le voci sono ancora alte, mentre ci si sistema seduti a fare una attività, ma le posizioni sono corrette, anche quelle di chi di solito straborda in qualche modo dal concetto dalla seduta adeguata. Li guardo, e mi dico: in fondo, cosa mai ci chiedono di tanto difficile da offrire, ogni giorno?
Una sorsata di movimento, che spezza la staticità della mattinata scolastica. Che non è sfogo, scarica, caos o gioco libero non previsto fuori dagli orari stabiliti. È “solo” un innescarsi di connessioni e integrazioni sensoriali che nutrono la quotidiana percezione di sé e la disponibilità ad apprendere. Beh, non è certo tempo perso!